Sentirsi belli o brutti
- Aldo Monaco
- 4 set 2020
- Tempo di lettura: 3 min

Lo psicologo, come è facilmente intuibile, utilizza le parole come strumento principe del suo lavoro. Tuttavia non si può negare un'altra importantissima fonte di informazioni altrettanto utile per il suo scopo. Stiamo parlando del corpo. Freud, già nel 1905, scrisse <Chi ha occhi per vedere e orecchi per intendere si convince che ai mortali non è possibile celare nessun segreto. Chi tace con le labbra chiacchiera con la punta delle dita, si tradisce attraverso tutti i pori..>. Il corpo così inteso è di importanza capitale nella pratica cinica, sopratutto con una certa tipologia di persone quali ad esempio gli adolescenti per i quali molti dei conflitti sono espressi ed esplorati attraverso la manipolazione del proprio corpo.
Non nasciamo in un vuoto sociale. Il corpo si connota secondo un genere, secondo quelle che sono particolari mode, culture, ragioni, obbiettivi e desideri. Per tali motivi è impossible pensare ad un "corpo naturale" se non ad un "corpo dato" che potrebbe generare insoddisfazione, inadeguatezza a fronte dello sguardo altrui e a fronte di una influenza mediatica sempre più profonda, netta, capace di dettare canoni e regole estetiche.
L'Io si sviluppa a partire dalle prime esperienze di contatto epidermico tra il bambino e chi si occupa di lui. L'altro - sia esso la madre, il padre o chi ne fa le veci - aiuta in questo modo a mettere insieme, in maniera sensata, quelle che per il bambino al momento della nascita sono esperienze sensoriali altrimenti troppo caotiche, disorganizzate e ingestibili. E' poi da questi primi scambi sensoriali ed esperienze corporee che si determina lo sviluppo del sé-corporeo e quindi del Séuna volta adulto.
Quando un nostro amico, anche scherzosamente, ci dice di sentirsi brutto o di non piacersi fisicamente, che vorrebbe farsi "qualche intervento chirurgico di ritocco" o di andare più spesso a correre e in palestra sicuramente ci sta comunicando informazioni importanti rispetto ai modi in cui questo è stato guardato e ai modi in cui veniva trattato, accudito, toccato, pulito, abbracciato. Laddove ci siano state difficoltà nella relazione sensoriale/epidermica con il cosiddetto "altro" - siano esse dovute al temperamento del bambino o a quello dell'altro - potremmo trovarci difronte ad un'adulto a cui gli è impossibile "sentirsi a casa" nel proprio corpo o sentire quel corpo come suo. Queste difficoltà porterebbero allora allo sviluppo di vere e proprie forme di disagio che vanno dalle forme più patologiche (come il ripudio, la modifica e la negazione) a quelle che riguardano particolari stili di vita, particolari usi di capi d'abbigliamento, di creme e prodotti ecc.
Tutti noi modifichiamo i nostri corpi, ogni volta che selezioniamo cosa indossare al mattino, come truccarci o come pettinare i capelli ecc. Ma come dice splendidamente la psicoanalista Alessandra Lemma nel suo libro "Sotto la pelle" <non dobbiamo illuderci: comprare una crema antirughe si colloca sul contiuum del farsi iniezioni di botulino, e non in una dimensione totalmente diversa. [...]. Il botulino non è quello che conta qui. E' importante comprendere e riconoscere queste seduzioni in noi stessi>. Le modifiche e le manipolazioni del corpo estremi - vedi tatuaggi, gli interventi estetici e cosmetici, gli anabolizzanti, i piercing - altro non sono che una risposta ai conflitti psichici il cui profondo dolore mentale si risolve con una "revisione" del proprio aspetto esclusivamente esteriore.
Ecco che allora diventa fondamentale osservare meglio il corpo perché come ribadisce la già citata Lemma <Tutti noi abbiamo una storia da raccontare, ma non sempre scegliamo di farlo. La storia che non possiamo evitare di raccontare è quella che inevitabilmente narra il nostro corpo>.
BIBLIOGRAFIA
Anzieu D., L'io pelle, Borla, 2005
Freud S., Tre saggi sulla teoria sessuale, OSF, vol. 4
Lemma A., Sotto la pelle, RaffaelloCortina Editore, Milano 2011
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